Stamme a senti, so’ stato ospite a Regina Celi, a Rebbibbia, a Mamma Gialla.

Dinne una, dai? Io c’avevo a robba mia, capirai lì dentro, epatite B, C, a tutto spiano...

Tra i grandi palazzi, e gli enormi edifici di cemento, non lontano da voi, esiste un piccolo vecchio paese. Il Quadraro Vecchio.

Il quadraro che si racconta è quello vecchio. I bei tempi sono andati. Molte serrande sono abbassate e alcuni personaggi ormai dimenticati. Ma nella bottega del barbiere cantante ancora se ne parla. La morte si sente, anche tra i rifiuti per strada. Tuttavia chi è rimasto, la vita non la molla.

CAPITOLO I

La zélla

Zélla   /   zél-la   /   s.f.

Augusto Pantoni
Inedito
2001

Con la zeta dura e la e chiusa, fu un vocabolo molto in uso prevalentemente nell’ambiente proletario, e forse per questo motivo gli sono stati preferiti lèrcio (pronunciato però con la e stretta dalla nostra borghesia, che evidentemente ancora ha un ampio potere decisionale), sudicio, sporco, sozzo… 

Dunque, né il femminile singolare zella, né tantomeno l’aggettivo singolare zelloso sono voci contemplate nei dizionari maggiormente consigliati. Sono termini forti, per chi ne conosca il significato, e generalmente con essi ci si riferisce a persona. 

Basta pronunciare il nome per evocare in chi ascolta la ributtante immagine di una mescolanza di sostanze organiche e inorganiche in decomposizione, appiccicata sulla pelle viva. 

Con l’aggettivo si rende in prevalenza l’idea di persona nella cui cute si verifica il fenomeno osmotico a senso inverso: è il tessuto sottocutaneo che assorbe le sostanze della zella per linee discendenti.

La persona zellosa è graveolente ed è considerata infetta, contagiosa e per ciò è schivata da tutti.

E tuttavia, paradosso vuole che sia immune dalle comuni epidemie, le quali normalmente affliggono i maniaci dell’igiene personale: l’organismo, come si sa, è in grado di produrre anticorpi e di fronteggiare vittoriosamente gli antìgeni.

Per contro, con la sterilizzazione, ovvero con un eccesso di igiene, se ne abbassano le difese.

Comunicazione inviata ad AMA

CAPITOLO II

Chiuso per sempre

CAPITOLO III

Gino

“Se il Quadraro avesse un quotidiano tutto suo, il nome della testata sarebbe Gino, come le Figaro a Parigi. Gino, infatti, è il barbiere del Quadraro nella stessa triplice modalità in cui il suo collega rossiniano lo era per Siviglia: tagliando, cantando e risolvendo problemi.”

In quanto a multiforme ingegno, Gino è ben oltre l’EGOT club, quel numero assai ristretto di artisti che ha vinto almeno un Emmy, un Grammy, un Oscar e un Tony. Vorremmo vedere come se la caverebbero Harry Belafonte o Barbra Streisand a tagliare i capelli a un manovale del Tuscolano, o a Fellini. Invece, per tutta la sua carriera —cominciata, nel 1945, a 7 anni — Gino Scarano è stato sempre perfettamente in grado di coprire, con la stessa disinvoltura, i vuoti di memoria di un quartiere, le piccole e medie debolezze del cinema italiano e gli interi repertori della canzone americana, francese, romana e napoletana.

Giovanni De Stefano MarieClaire

Gino classe 1938 all'opera nella sua bottega

Sulla soglia della bottega del barbierecantante, nun se paaga. Stamoquá. Guarda che nun se paaga, poipure entrá!

Dá na scopata per tera, vá, così te ricordi com'era, se poddií che daggino se scopava. Non staavo (ar 63). te è da mo’ che 'nvenghi...comunque, le mejo scopate mele soffattellì!

Extra

Barba e Capelli – Radio3

Conversazioni intorno alle antiche barberie di Roma, con la voce di Gino e di altri colleghi che raccontano storie delle loro botteghe e dei loro clienti.

Guarda che capelli chett’hoffatto, mortacci mia!

CAPITOLO IV

Neve al Quadraro

Zélla   /   zél-la   /   s.f.

4 Febbraio
Estratto video
2012

Quadraro Vecchio
Radiodramma per voci

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Quadraro vecchio è un progetto ideato da:
Fabio Silei

Prodotto da:
Mine Studio

Contributi testuali
Kim Sambati

Colonna sonora originale a cura di:
Daniele Picerno, Andrea Spaccatrosi

Mix & Editing:
Michele Raf Leucci

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